Regina Ciclarum

Una pagina dedicata alla discesa di Giorgia e Riccardo. Dalle SorgentiFumaiole all’OceanoMare in compagnia del Tevere.

In passato Gianni, Andrea, Igino, Steve, Stefano, … quindi gli esploratori del 2022: Marco, Mara e Pierluciano, Antonello e Luciano, Tommaso e Marina. Sarai tu il prossimo?

Il percorso

Il percorso lungo il Tevere, descritto nella PassaMappa Tiberina e  liberamente interpretato da Giorgia e Riccardo durante la loro vacanza ad agosto ’22.

> la PassaMappa Tiberina: attività (bar, alloggi, comitati, club, ...), punti di interesse, PassaportoPoint, criticità, ... da Rimini a Roma Fiumicino seguendo Marecchia e Tevere nelle 8+1 tappe della "Perduta Via dei 2 Mondi" segue...



(per tracce GPS, descrizioni, raccomandazioni, riferirsi alle singole tappe segue...)

Diario di viaggio

Quelle che segue è il racconto di Giorgia del viaggio lungo il Tevere ad agosto 2022. I suoi riferimenti li trovate in un capitolo più avanti.

Roma – Bagno di Romagna

Per raggiungere le sorgenti del Tevere,  un primo giorno di viaggio abbastanza complicato. Dopo le assicurazioni tempestive di Proloco di Bagno di Romagna e della compagnia addetta ai trasporti pubblici, Sulga, sul trasporto bici arriviamo ignari a Roma Tiburtina per intrapprendere il viaggio al contrario su gomma del Tevere. L’ autista appena ci vede strabuzza gli occhi e ci dice che non sa se ha spazio. Oltre ad avere segnalato la nostra presenza muniti di bici al telefono lo avevamo anche scritto nelle note dei biglietti acquistati online, sapevamo che il biglietto bici può essere acquistato solo in presenza. Ci viene destinato il comparto scope e ramazze ma date le sue dimensioni siamo costretti contro ogni previsione a smontare le bici di corsa deformando portapacchi, attacchi videocamera e perdendo qualche piccola componente, per fortuna non essenziale. Non finisce qua. Scopriamo di un cambio a Perugia. Per fortuna siamo in due e riusciamo a non perdere di vista i bagagli, con tablet, gopro, macPro e varie, di vista…

A Bagno di Romagna veniamo scaricati davanti ad una fermata ma non lato marciapiede ma strada. Ovviamente questa era doppiosenso e stretta ma siamo riusciti a scaricare velocemente le bici, oramai in pezzi, senza grossi stress per nessuno. Sicuramente ė stato più stressante rimontarle attaccati dalle zanzare mentre aggiustavamo le deformazioni causate dall’avventuroso viaggio. Del resto gia’ il nome della città promette acque, fonti e terme come notiamo immediatamente. Purtroppo il post finisce qua a causa della mia distrazione e della caduta del mio telefono senza neanche sei mesi di vita subito dopo il nostro arrivo… ma l’avventura ha, anche per fortuna, una natura imprevedibile. Noi la sfida l’abbiamo colta domani raggiungeremo le sorgenti.

Bagno – Sorgenti Fumaiole

Quel che non uccide tempra e del resto se non fossimo pronti ad affrontare le disavventure non viaggeremmo. Dopo aver affogato le disavventure in un anonimo romagnolo, trattasi di vino locale, e aver mangiato delle delizie in un’antica canonica con affreschi e giardino, siamo piombati nel sonno ristoratore grazie a temperature inferiori alla nostra Roma in fiamme.

Bagno di Romagna è molto accogliente. La gente cordiale ama fermarsi a raccontare, ed è curiosa nei confronti dei viaggiatori. Offre acque termali curative e ben due fonti di quest’acqua portentosa dove fare scorte prima della salita al Monte Fumaiolo. Certo merita almeno una giornata, o meglio due o tre prima della discesa. Sarebbe l’ideale, così da depurarsi prima del viaggio lungo il sacro Tevere, come fosse un rituale.
Abbiamo chiacchierato un po’, siamo andati all’ufficio turistico per il nostro primo timbro sul Passaporto Tiberino, abbiamo frequentato il bar locale per far conversazione con successo, fatto shopping (energetico locale a base di miele dell’apicultura Primitivo e lino dipinto a mano a tema bici) e fatto rifornimenti presso la fonte del Chiarodovo, il cui nome ha un evidente riferimento al sapore solforoso dell’acqua.

La salita fino a Verghereto è stata dolce ma costante. Tante opere di street art di buon livello ci hanno incuriosito. Lì, una pausa birretta e secondo timbro del passaporto Tiberino. La popolazione era in subbuglio per la preparazione della Sagra dello gnocco fritto, abbiamo respirato la trepidazione nel bar locale. In un banchetto di robe antiche ho anche trovato un sostituto del mio smartphone: un antico campanellino di bronzo per farmi localizzare in caso di emergenza. La zona ha una chiara vocazione per il turismo sportivo: non solo i sentieri ben segnalati si dipartono in tutte le direzioni, ma scopriamo il Verghereto Trail: una corsa competitiva su sterrato di 65Km!

Proseguiamo per Montecoronaro: scendiamo per poi raggiungere  il paese con pendenze in crescita. Anche questo è impegnato in una sagra, quella dell’acqua pazza. La strada prosegue poco frequentata inerpicandosi con una media del 10% di pendenza: il paesaggio è magnifico, tra alberi ricoperti di muschio e l’apertura sulle cime vicine. Anche qua tracce di una gara competitiva, ma in MTB, sui sentieri del fiume Savio.

Torniamo sulla statale, la frequentazione sale ma rimane tutto piacevole. Mi intrattengo in conversazione con un gruppo di amici in macchina che, incuriositi, mi affiancano. Lungo la strada  troviamo una fontanella dall’acqua gelata per fare altri rifornimenti, poi tante visioni da cinema alla Tarkovsky. Nei boschi notiamo qualche persona che riposa in amaca o su sedie avvolte da copertine (o asciugamani?), forse in fuga da qualche città soffocata o da una situazione soffocante.


(le SorgentiFumaiole, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Ed eccoci al valico: foto di rito, check-in all’albergo, birretta e subito in picchiata, con un percorso a piedi, molto ben curato, con panchine e paratie, alle sorgenti del Tevere. Ma che meraviglia il posto! La lapide monumentale con aquile e lupe reggi-anello c’entra poco con il paesaggio romantico, ma del resto il posto fu vittima delle attenzioni del Duce negli anni trenta. Per esaltare le sue terre native fece spostare pure i confini regionali.

La tappa breve ci permette ancora un po’ di tempo prima di cena:  scarichiamo le foto, scriviamo qualche riga e campiamo dove far timbrare il passaporto Tiberino. Certo mi serve la pagina che non c’è per questi timbri, quella pre-discesa lungo il fiume sacro, lungo il biondo Tevere. Sarà ancora biondo almeno qua come una volta nella città eterna?

Balze – Città di Castello

Scendere dalle sorgenti è stato incredibile: gli antichi muschiosi alberi, le quinte verdi ed ombrose, le viste magnifiche oltre le cime, le tonalità di cielo, nuvole e pietra che con le rocce sedimentarie tipiche, le marne, chiare e spesso calve, che nella tortuosa strada in discesa si insinuano. Non vi era alcun traffico e abbiamo goduto del panorama appieno.
Il nome del paesino di Balze è parlante. Anche loro hanno avuto ieri sera la loro sagra, dedicata alla birra. Dal negozio di Balze Ghiotte ci portiamo via  altro timbro sul passaporto, una marmellata ai sapori locali e un libro per riconoscere le impronte degli animali selvaggi impresse nella terra.

E poi ancora più giù per raggiungere il confine con la Toscana seguendo una strada chiusa che ci immerge nei boschi fino ad attraversare il fiume, ancora molto scarno, e arrivare a Pieve Santo Stefano, delizioso paesino dal mercato mattutino e dalla chiesa che custodisce un imponente capolavoro di ceramica dei DellaRobbia. Ottenuto un altro timbro, quello della Proloco, l’ufficio del turismo. In farmacia, cerchiamo un rimedio per un ferita dal pedale e qualche infezione sulle mani. Poi di nuovo in sella. Sicuramente anche Pieve con il suo museo del diario meriterebbe più tempo, ma oggi i chilometri sono tanti. Anche se quasi tutti in discesa, il fondo è variegato e gli imprevisti tardano raramente.

Passiamo sul fiume nuovamente che ha ancora un colore turchino dovuto alle bianche pietre e rocce su cui scorre. Sembra soffrire molto la siccità ma almeno qua lo si vede scorrere.
Entriamo in una zona di grandi maneggi e quindi ci si apre la vista sul lago artificiale di Montedoglio dove stormi di bianchi uccelli siedono sulle rive. Forse aironi, la cui specie abbiamo già incontrato stamattina: un guardabuoi e un cenerino oltre a qualche germano.
Qua un po’ di confusione con la traccia e finiamo al Palazzone, una torre medievale restaurata magnificamente ma che è proprietà privata, promettono pure un cane cattivo. Un dietrofront sulla sterrata ripida richiede molte energie, a causa dei bagagli, mentre inizia a cadere la pioggia, tanto agognata per la natura e per il fiume Tevere.
Arriviamo ad un bivio che ci promette dopo una salita la casa natale di Michelangelo ma noi dobbiamo ritrovare il Tevere. A sinistra l’imponente diga del lago e già si sentono i tuoni e un vento forte soffia, la fame incalza e finiamo ad Anghiari dove ci rifocilliamo con un tour de France, un misto formaggi italiani e francesi e due piatti di pasta.

Pare spiovere e prendiamo la direttissima verso San Sepolcro.  La strada trafficata, un problema al cambio, un vento da tempesta contrario trasformano la nostra pedalata in una battaglia da far west. Per fortuna dura poco e a San Giustino ci fermiamo per riempire le borracce, ammirare le luci dopo la tempesta, la compatta scuola elementare da libro cuore e leggere di un parroco, giusto dei giusti, che dette riparo nella seconda guerra mondiale ad ebrei e altri perseguitati.
Riprendiamo finalmente il percorso lungofiume, il primo tratto più selvaggio ci vede incrociare una moto da cross, poi addirittura un ponte moderno per scavalcare un fosso e il sentiero diventa sempre più bello. Il corso del fiume Tevere è oramai ricco di acque, paiono all’inizio fangose ma vicino a Città di Castello vediamo una trasparenza incredibile, sotto quelle acque che scorrono ora sicure e veloci verso Roma e il Mar Mediterraneo, le pietre anche di diversi colori.
Corridori, ciclisti, amanti della passeggiata aumentano e la città rinascimentale ci accoglie con una famigliola entusiasta, “Pensate che un giorno questo sentiero arriverà anche a Roma” ci dicono. Fortunata città che accoglie così, con gioia, il pellegrino, per fede o per diletto, tra le sue mura perchè trovi ristoro e rifugio tra arte e bellezza.

(il Tevere a Città di Castello, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Castello – Perugia

Città di Castello è bellissima. La piazza principale ricca di tavolini vede sfrecciare le biciclette di famiglie, coppie, personaggi classici e stravaganti che si incontrano qui, per un caffè al bar centrale, circondati dalle logge, arte e storia. Una colazione buonissima con cornetti di pasticceria: siamo pronti ad andare, ma con il desiderio di tornare per esplorare meglio le bellezze di questi luoghi. Solo scorte di fretta, tra arrivo, cena, sonno e partenza.

Il sentiero riparte bello, offrendoci ancora la stupenda compagnia del Tevere con i suoi ospiti: garzette, germani, upupa, falchi di palude e, incredibile, tra le acque trasparenti si scorgono piccoli pesci che nuotano insieme  controcorrente. Il percorso ha panchine, ponticelli per passare i fossi ed è curato. La gente ci fa jogging, va in bici, porta il cane o passeggia per il gusto di far moto e sentire il proprio corpo muoversi in sintonia con la natura. Unica nota discordante una cava di sabbia proprio a ridosso del fiume, dall’altra parte, che procura un rumore assordante e un’atmosfera polverosa.

Poi iniziano le coltivazioni. Passiamo un area naturalistica legata ai laghi Spada. Il sentiero costeggia piantagioni di tabacco.  Senza ombra il sole riscalda ancora tanto. Gli alberi sono verso il Tevere, le cui acque scorgiamo a tratti e sotto cui sono parcheggiate delle idrovore a motore, evidentemente per portare l’acqua ai campi. Un bellissimo ponticello di legno porterebbe al borgo di Triestina, con panchine e una mini libreria per il conforto della lettura immersi nella natura.

Arriviamo ad un ponte di legno su un fosso chiuso: nastri annunciano lavori in corso e transenne incatenate. Il ponte non presenta alcun problema e non c’è un cartello che giustifichi i lavori, solo un pannello riutilizzato in orizzontale del comune sulla provenienza del legno utilizzato. Il percorso è interrotto. Non ci perdiamo d’animo e rocambolescamente riusciamo a passare il fosso prima con bagagli e poi con le bici. Al di là troviamo ben tre idrovore attive. Rumorosamente innaffiano le sterminate coltivazioni di tabacco. Il sospetto che qualcuno abbia voluto celare l’uso abbondante dell’acqua del Tevere, in un momento di estrema siccità, nasce spontaneo. In ogni caso, pedaliamo veloci con una crescente inquietudine. Lo sguardo si volge al Tevere già più torbido e sinistro. La sua portata non pare qui aver risentito della siccità e ci chiediamo se le piogge di ieri siano state così risolutive da risolvere il problema.

Arriviamo ad Umbertide. Affascinanti la rocca e il centro avvinghiato su stesso. In passato si chiamava Fratta, in onore del florido mercato  garantito dalla presenza del Tevere. Il pranzo alla Locanda è ottimo e ci concediamo anche due bicchieri di vino Grechetto dei dintorni di Perugia. Proviamo a chiedere il timbro ma non ne sono in possesso. In cerca di un timbro  facciamo visita al grosso complesso francescano alle Fonti, ma tutto è chiuso e deserto. Pare l’orchestra locale faccia le prove proprio lì, ma probabilmente di sera.

Ripartiamo convinti di poter trovare sulla strada altre possibilità. La strada tortuosa prosegue su asfalto fino alla bellissima Badia di Montecorona. Vedo un ristorante al suo interno e non ci penso un attimo: entro con la bicicletta e la mollo nel parcheggio avvolto nella pietra. Affascinata dalla struttura, attraverso il cortile in cerca di presenza umana. La loggia interna mi conduce al ristorante. La cameriera mi dice che il loro timbro non è adatto. Una struttura così grande, quanti viandanti in bici potrebbe attirare? Penso, tra me e me, che il cammino di San Francesco deve essere lontano e le strutture non sono abituate alle mie richieste. Continuiamo piacevolmente lungofiume. Dopo una ripida ma cortissima sterrata siamo di nuovo sull’asfalto: la strada della Bruna ci conduce su verso un altra strada bianca lungotevere. Appena imboccato lo sterrato, una signora fa del suo meglio per attrarre la nostra attenzione: ci avverte che la strada è chiusa da mesi e non fanno passare nessuno. Così prendiamo la Tiberina Nord:  a parte un dito apparso da un macchinetta, chissà poi per quale fantasioso motivo, pare più tranquilla del previsto. In Italia agosto è mese di ferie.

(Abbazia di Montecorona, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Passiamo una serie di località nate grazie ai ponti sul Tevere, come i loro nomi parlanti ci indicano: Pontepattoli, Ponte Felcino, …. Attraversiamo un ponte dell’acquedotto: una targa ci narra distrutto dai Nazisti in fuga. Approfittiamo di Ponte Felcino per raggiungere BarBacco. Un timbro e due birrette prima della salita a Perugia. Molto incuriosita, la proprietaria ci chiede del viaggio. Prima della lunga salita a Perugia, una ulteriore fermata alla Cartolibreria, dove il proprietario – contentissimo – ci dà il benvenuto come i primi turisti con passaporto. Il capoluogo ci aspetta con l’offerta culturale artistica in una ricca città dove, dopo una raffinata e gustosissima cena, ci si può imbattere in un Ave Maria di Schubert cantato dal coro all’interno della Cattedrale di San Lorenzo aperta a tutti.  Due anni fa tutto ciò sarebbe stato impossibile.

Perugia – Todi

Lasciare Perugia e le sue strade a lumaca fa male, ma immagino non basterebbe una settimana per soddisfare la sete di vita, arte e bellezza che mette addosso. E comunque, uscire in bici  dalla città vecchia è una grande emozione. Riprendiamo il percorso ciclabile da Barbacco a Ponte Felcino. Fino a Ponte San Giovanni è fatto molto bene: prevede diversi sentieri che si incrociano con alcuni single track. Discese rapide per improvvise, corte ma ripide salite, immersi nel verde di folti alberi che lasciano intravvedere le oramai verdissime acque del Tevere. Incontriamo una famiglia con tanto di bimba su mtb in testa, qualche ciclista e circa sei pedoni. Chiedo sempre gentilmente permesso: sul lungo single track finale si passa a senso alternato. Immagino il fine settimana sia poco fattibile. Una signora, con una scorta di more colte per la marmellata, si entusiasma: “ma che bella idea! Si impara tanto dalla natura”. Intanto proviamo ad immortalare una garzetta che, sotto al bel ponte, si trova bene e fa continue planate sul fiume.

Si torna su asfalto fino a Torgiano. Facciamo una pausa timbro al bar Gialletti ed ignoriamo l’abitato raggiunto, presi dal divorare il sentiero. Dobbiamo infatti recuperare il tempo impegnato stamattina a scrivere il resoconto. Il toponimo però attrae le nostre fantasie. Notiamo spuntare una torre di aspetto medievale in mezzo all’abitato. Prima di passare il fiume, sulla sponda  si intravvede un parco con quello che sembra un antico mulino.

Riprendiamo la strada bianca e, nella zona industriale, notiamo alcune delle famose fabbriche di ceramica di Deruta. Una targa in ceramica perfino per il ponte costruito in ferro dagli alleati. Attraversiamo campi assolati: oggi il sole splende di nuovo potente, con due gradi in più. Arrivati nella zona industriale di Marsciano non troviamo la tabaccheria aperta per il timbro. Ma almeno c’è un self service dove ci possiamo rifocillare. Dalla città di Fratta Todina prendiamo il “sentiero del Furioso”, dall’aspetto che normalmente ha il fiume Tevere. La natura qua trionfa e l’ingegneria umana ci regala la possibilità di salire su una diga per ammirare il fiume Tevere dal centro. Troviamo pure rifornimenti importanti: more e susine.
Arrivati a Ponterio mi lascio sfuggire il timbro della Pasticceria “Le Delizie”, oramai concentrata a raggiungere la superba Todi che ci domina alta. Affrontiamo la lunga salita che ci porterà a dormire in un magnifico monastero.


(Montemolino, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Todi – Corbara

Se Perugia ci pareva una città dalla struttura a lumaca, Todi è conica: si sale e si scende, ovunque si va. Il punto focale è la grande piazza del Duomo. Come in un film di Fellini,  l’emozione di far la prima colazione in un refettorio sotto un’ultima cena e tutti i santi. Andiamo quindi a caccia di timbri. Alla Proloco in piazza del Duomo sono preparati; le ragazze ci accolgono e prontamente stampellano il passaporto tiberino, ma non hanno idea del nostro percorso e non paiono particolarmente interessate ad approfondire. Raggiungiamo la fonte Cesia sulla cui piazzetta c’è il Bar Gelateria Pianegiani, dove ricevo il secondo timbro della giornata e beviamo un buon caffettino.

Purtroppo nella discesa mi rendo conto che la ruota posteriore è a terra. La piazzetta ha un angolo ideale per i nostri traffici, e la fonte aiuta ad individuare l’eventuale foro. Un avventore ci racconta quando da giovane faceva Todi-Perugia-Todi tre volte a settimana per lavoro. Un giorno di forte scirocco, si attaccò alla provenziale Ape di un concittadino per arrivare a casa. Intanto arriva una vigilessa, gli intima di parcheggiare negli spazi preposti in piazza. Lui riparte orgogliossimo su una fantastica Lambretta: “questa sì che va!”.

Il paranipple della ruota si è frantumato per raggiunta età di servizio. Ora bisogna inventarsi qualcosa. Compriamo un paio di forbici e sacrifichiamo la camera d’aria per fabbricare un nuovo paranipple. Oggi che eravamo operativi finalmente alle 9.30 riusciamo a partire solo alle 11. Non bisogna mai avere fretta. Il destino punisce i viaggiatori frettolosi… ed è un peccato morale non godersi ogni singola goccia di questo viaggio.

Scendiamo sulla vecchia statale 79bis verso località Costacuti. Bella e tranquilla,   poche macchine, panorami stupendi, asfalto rovinato e cartelli che inneggiano a rallentare fino a passo d’uomo, per i ciclisti ma anche per la presenza di motociclisti. Come in una visione appare la maestosa chiesa di Santa Maria della Consolazione, capolavoro architettonico rinascimentale assoluto, a pianta quadrata e di illimitato fascino. Poi lungo la strada intravvediamo il fiume Tevere che ci attende a valle.

Da Costacuti prendiamo la vecchia provinciale che porta ad Orvieto. L’asfalto si snoda in costante salita, con strappetti sotto il sole tra colli, roveri e panorami mozzafiato. Arrivati alle case di Quadro, cerchiamo dei rifornimenti, ma il bar, circolo locale, sembra chiuso. Google conferma l’apertura serale. Così rimediamo due fichi a testa, riempiamo le borracce e ripartiamo. Dopo poco troviamo delle belle e succose more a portata di bici.

Proseguendo, passiamo lungo una fattoria il cui cartello oramai arrugginito riporta il nome di Ma’Falda. Entriamo sperando in un agriturismo. Dopo aver disturbato i sonni di un enorme cane tutto pelo, che pigramente fa per annunciarci, compare la proprietaria dalla finestra. È una donna norvegese dal viso bruciato e gli occhi azzurri. Sedici anni fa è arrivata con il suo compagno da queste parti, in cerca di una fattoria. Adesso, tra le altre cose, producono formaggi caprini con metodo francese. Ne acquistiamo due e ci rimettiamo in sella per raggiungere Prodo, dove speriamo in una panchina. Intanto ho rimediato il terzo timbro della giornata e molti racconti su come la statale portasse una volta ricchezza a tutto il territorio. Oggi i casali sono abbandonati e i villaggi spopolati. A portare un po’ di vitalità c’è la sagra dei prodotti artigianali, svoltasi sabato a Prodo e partecipata da centinaia di persone.

Finalmente una discesa ci porta quasi fino dentro il Castello di Prodo, bellissimo ma privato. Appartiene da generazioni alla stessa famiglia. Dei trentasei poderi in loro possesso, venticinque sno stati già restaurati come case vacanze esclusive. Ci fermiamo al bar del circolo locale per due birrette. Troviamo una bellissima panchina per consumare il nostro pranzo gourmet. Si ferma Angelo, del Circolo, per segnalarci la Wifi e raccontarci della sua passione di riaprire i sentieri delle antiche carbonaie. A Prodo, continua,  il Castello apre per eventi, si può fare canyoning e il sabato riattivano il forno comune del paese per sfornare e mangiare insieme. Ma rimane la paura di contare i residenti rimasti. Purtroppo al circolo non hanno timbri, ma i racconti e la disponibilità di Angelo sono molto più preziosi. Ci immaginiamo già seguirlo mentre con il machete ripristina antichi sentieri per raggiungere le forre. Sono sedici i tuffi nell’acqua che si possono fare in quello che lui definisce il percorso di canyoning più divertente d’Europa. Rientriamo nel bar per il caffè, lì si gioca a carte.

Ancora una salita, poi una strepitosa sterrata che tra gli ulivi scende verso il paesello di Osa. Facciamo tante foto, innamorati del paesaggio, dei colori, dei contrasti e del lavoro dell’uomo, che per fortuna sa anche essere in armonia con la natura. Scorgo due caprioli che corrono in lontananza. Si fermano per guardarci incuriositi al limitare del bosco, poi spariscono nel verde cupo. Le sei case di Osa paiono uscite da un film: belle, dirupate, eleganti, antiche, ricoperte di edera e ragnatele. Di nuovo le foto si moltiplicano. In fondo allo sterrato appare il lago di Corbara, nato da un’altra diga sul Tevere.


(lago di Corbara, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Arriviamo sul percorso asfaltato lungolago dove notiamo qualche macchina parcheggiata sulla spiaggia. Il lago è conosciuto come campo di gara per la pesca sportiva. Nota dolente: la spazzatura abbandonata a bordo strada e in prossimità del lago. I numerosi cartelli richiamano a rispettare il luogo come fosse casa nostra  ma, senza controlli,  rischiano di essere inutili. Numerosi gli aironi, i gabbiani e i cormorani.  Ci sorvola anche qualche rapace, forse il bellissimo Nibbio Bruno. Nuovo set di foto sul ponte che scavalca una insenatura. Tra sali e scendi continui, arriviamo al paesello di Corbara. Purtroppo il centro ricreativo è chiuso. Il timbro lo avremo nella nostra meta giornaliera: la Tenuta di Corbara.

Lasciamo l’asfalto per una strada bianca inoltrandoci verso i colli. Lì scopriamo con gioia che la Tenuta non è solo un agriturismo, ma una vera tenuta con produzione vini, maneggio, ristorante e territori vastissimi. Per fortuna alla reception si offrono per un passaggio fino al monte Caio, dove il nostro alloggio domina la campagna intorno, fino ad Orvieto. Sarebbe costata almeno un’altra ora di sudore e fatica, con pendenze che arrivano al 15%. Cavalli liberi e aironi guardabuoi paiono posare per noi. Paesaggi stupendi. Un’arietta fresca ci culla e non vogliamo più andar via.

 

Detour a Orvieto

La tenuta non volevamo davvero lasciarla ma posto non c’era. Così abbiamo optato per una pausetta dall’itinerario lungotevere. Il bisogno di rimettere insieme i pezzi meccanici, spirituali e dei progetti futuri urge.
Così dopo aver fatto una capatina per verificare se fosse possibile un timbro al circolo ricreativo di Corbara, ahimè chiuso, torniamo indietro sulla strada dei Sette Martiri, che con un po’ di sali e scendi, tanto caldo e tranquillità ci porta in località Cicconia, ad un passo da Orvieto Scalo. Ci fermiamo per una birretta prima della salita e prendiamo la strada più dolce per raggiungere la bella e da noi molto amata città. Ci aspetta l’hotel della Posta con il simbolo di una carrozza piena di bagagli, dei bei ronzini e un cane di scorta.

Sarà l’ideale per una rimpaginazione del passaporto Tiberino dove ho fatto una gran confusione tra timbri giorni, tappe pre e, ora, pure un detour. Non solo confido nel negozio locale di biciclette, Orvieto è crocevia di ciclisti di ogni sorta, ci deve essere qualcosa di efficiente e particolare allo stesso tempo. Le forbici in titanio le abbiamo già, mi munisco di scotch e fotocopie a colori del passaporto Tiberino ed inizio il mio copia ed incolla. All’apertura di Ciclostile, negozio e cooworking di riparazione bici e design, siamo lì per un controllo della mia ruota posteriore che mi da ancora qualche pensierino. Giada, che si occupa dei tessuti, si fa in quattro per accoglierci mentre il suo collega è andato a prendere delle bici.
Il posto incuriosisce tanto, tra il murales di un famoso street artist a tema bici, i numerosi coloratissimi filati, accessori e illustrazioni che fa la sorella di Giada, Ida. Alcuni cappellini della Cinelli appesi alla parete li ha disegnati proprio lei.
Più tardi incontriamo Massimo e siamo proprio felici di fare la sua conoscenza. La sua passione, le sue spiegazioni con la sua competenza ci fanno subito sentire di essere nel posto giusto, come avevamo sperato. La ruota non solo è nelle sue migliori condizioni, ne ho imparato insidie e segreti nascosti che rendono la mia bici sempre più vintage ed unica.
Posso anche pensare ad un regalo speciale per il compleanno in arrivo di Riccardo.
E soprattutto viene creata una pagina apposta nel passaporto Tiberino, un pagina magica che non c’era ma grazie al caso, all’errare e a belle persone appassionate, merita di esserci: la pagina del detour ad Orvieto.
Ora è tempo di ritornare a Corbara e riprendere il nostro cammino a pedali lungo il mitico fiume Tevere.

(la strada verso Orvieto, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Alviano e Graffignano

Lasciamo Orvieto non dopo aver scoperto che la Tenuta di Corbara produce anche una bottiglia di rosso chiamato Thybris, l’antico nome del Tevere,  e dopo aver ordinato due bottiglie di Orvietan, l’antico amaro terapeutico riscoperto da uno studioso in tempi recenti. Quindi decidiamo, per la discesa, di intraprendere l’avventurosa via Giovanni Venturini: un sentiero pavimentato a pietre con canali per il drenaggio trasversali che passa una fontana, due porte antiche e lascia ammirare un panorama mozzafiato e le imponenti altissime mura come da nessun altro posto. Poi vista la difficoltà a stare in sella, mentre si va si può guardare solo la pavimentazione irregolare per evitare le buche e le asperità, oltre a superare lentamente i canali per il drenaggio per evitare il ribaltamento.
Arriviamo velocemente a Baschi e ci fermiamo proprio davanti al Comune dove intrecciamo una conversazione con dei collaboratori del sindaco. Purtroppo non hanno il timbro ma scopriamo che il paese di Baschi è famoso per i buchi, le prime abitazioni monostanza scavate nel tufo. Oggi il termine si riferisce genericamente a tutte le anguste abitazioni antiche e ai loro viottoli. Ci parlano anche del cammino dei Borghi Silenti che passa di lì e pare portare molti viaggiatori a passare di lì. Pare esserci anche un percorso ciclabile.
Visitiamo un po’ il paesino e dopo qualche scatto ci riavviamo ma prima di uscire dal paese ecco un distributore di acqua purificata naturale e frizzante per 50 centesimi al litro che ci permette di fare rifornimento per ristorarci dal caldo.

Ad Alviano scalo riesco a collezionare in due bar di passaggio, indicati nella mappa del passaporto Tiberino, due timbri ma per il ristorante siamo fuori orario e per l’Oasi fuori stagione (riapre il primo settembre ma comunque solo i festivi).
Incontriamo un vecchietto che con la macchina piena di pecorino cerca di vendere delle forme a domicilio. Gliene compriamo un ottavo di forma e lui candidamente ci dice come sarebbe bello se tutti andassero in bicicletta, sottolinea, candidamente, soprattutto in città come Roma. Ha le pecore verso Montefiascone e ci assicura che il formaggio è biologico. Buono
Ora ci dirigiamo sicuri verso il Lazio, dove si svolgerà in autunno il mio progetto di promozione internazionale del territorio (Thybris River Experience). Infatti abbiamo un appuntamento importante nel borgo di Graffignano dove oggi e domani si svolge “A Lume di Lumaca”, una manifestazione molto suggestiva dove le vie del centro storico vengono private di luce elettrica e vengono accese migliaia di candele a decorazione del castello medievale e delle sue viuzze antiche. Questi due giorni fanno parte poi della Sagra delle lumache. Non sono una fan culinaria di questi piatti ma chi meglio di noi ciclisti può sentirsi affine alla città della Lumaca? Sarebbe bello se riuscissero a restaurare il castello in questa chiave, come locanda per i viaggiatori lenti. Appena arrivati comunque si va sempre dai Fratelli Oddo, forno d’eccellenza da generazioni. L’ultima volta abbiamo anche conosciuto la proprietaria Enrica: anzi abbiamo conosciuto suo marito in bicicletta che poi ce l’ha presentata e ci ha rivelato che hanno una succursale anche a Sant’Angelo, il paese delle Fiabe.
Abbiamo anche conosciuto Luca e Anna della macelleria che ogni sabato e domenica fanno la brace in piazza. Mi ricordo ancora la porchetta eccezionale mangiata un mese fa. Così approfittiamo per prenotare un tavolo da lui, non amiamo molto metterci in fila alle sagre.
Si arriva quindi al Casale Nanà, l’unica struttura per pernottare nel borgo. I proprietari ci accolgono sorridenti e gentili in una bella casa a due piani con giardino-orto accogliente. Vivono a Roma e questo immobile è il loro piccolo gioiellino, sogno curato e coltivato per il tempo libero. Li ritroveremo più tardi mentre aiutano ad accendere le tante candele nei barattoli di vetro che le proteggono dal vento.
Si esce per curiosare e scattare un po’ di foto prima dell’oscurità. Notiamo subito tante persone, pare la festa sia stata menzionata sul primo canale della televisione pubblica. Le file sono infinite e la situazione si ripercuote anche sulla nostra cara macelleria. Per fortuna abbiamo consumato un aperitivo prima di uscire a base di Focaccia dei fratelli Oddo, dei fichi rubati lungo la strada e il pecorino del vecchietto amante delle bici.
L’attesa è lieta, la cena ottima e il dopocena nell’antico cuore di Graffignano illuminato con le candele poetico. Pare di entrare in un quadro. Del resto fare la lumaca con la bicicletta, con la casetta sulle ruote, è roba per amanti di altri tempi.

Ritorno ad Alviano e saltano due tappe

Dopo una magnifica colazione fichi e schiacciatina al Casale Nanà, tutti felici dello sconfinamento nel Lazio tra il castello Baglioni di Graffignano e il Tevere, ritorniamo verso la stazione di Alviano. L’idea iniziale era di proseguire ma alcuni impegni lavorativi premono e chi è libero professionista, o intellettuale, sa che non si può sempre rimandare. Così raggiungiamo con grande gioia in treno la Riserva di Nazzano Tevere-Farfa, prima area naturale della Regione, include il lago artificiale, da cui il primo nome e i due fiumi che attraversano l’area. È parte ovviamente dell’itinerario Regina Ciclarum e del mio progetto autunnale Thybris River Experience: è un posto magico dove la natura e il Tevere la fanno da padroni, non ci sono città ma borghi antichi piccoli e lontani sui cucuzzoli che dominano la valle del fiume. La bellezza è inenarrabile, come impronunciabile era il nome della dea che gli antichi Romani definivano Bona Dea, una specie di Grande Madre Natura. A lei ho dedicato gli itinerari culturali storici di questi territori del progetto che realizzerò. Al di là della mia selvaggia immaginazione, vi sono ben due iscrizioni che attestano il culto nei dintorni del Borgo di Nazzano.

Da Alviano verso Roma, caricare la bici è comodo poiché il treno arriva sul primo binario e alcune tipologie di treni non presentano scalini. La stazione di Poggio Mirteto Scalo, in cui arriviamo, offre un attraversamento, un po’ nascosto, dei binari (altrimenti c’è una ripida scala a salire e scendere per scavalcare) e una fontanella la cui acqua è fresca e buona, nella riserva mancano punti d’acqua è quindi importante fare rifornimenti.

Ci si dirige al ponte per l’attraversamento del Tevere, ma prima sulla via Tiberina vale la pena di raggiungere le Ecofattorie Sabine, agriturismo, caseificio e punto vendita di prodotti biologici tra cui il famoso Cacio Magno, che pare fece impazzire di delizia proprio Carlo Magno di passaggio. Timbriamo il nostro bellissimo passaporto Tiberino e facciamo rifornimenti per il picnic di Ferragosto. Attraversiamo il largo e verde Tevere per lasciare gli occhi correre all’orizzonte a destra e sinistra, tra il verde rigoglioso della vegetazione. Tra aprile e maggio fiorisce qua l’Iris acquatico o giaggiolo d’acqua, dal colore giallo canarino. Uno spettacolo bellissimo. Ma il paesaggio offre sempre molti tesori: dai picchi nascosti negli alberi e tanti aironi che spesso puntellano con le loro piume bianche il panorama. Nella riserva è possibile osservare il nibbio bruno, germani reali, cormorani, e falchi pellegrini tra le molte altre specie. I periodi di settembre e ottobre, febbraio-marzo-aprile sono i migliori per i birdwatchers.

Subito sulla destra, attraversato il ponte, c’è lo Spazio Tevere Point, un punto istituito dal comune di Torrita Tiberina per offrire servizi per l’area gestiti da under 35. Qua incontriamo Simona, appassionata cicloturista che offre avventure a pedali nella regione, dopo aver attraversato il mondo. Non solo conquistiamo un timbro preziosissimo ma anche un coloratissimo adesivo del suo progetto becycling per il nostro sempre più bel passaporto. Proseguiamo per entrare nel sentiero del Fiume, percorribile anche a piedi, con opzioni che connettono i due borghi in alto: Torrita Tiberina e Nazzano. Qua la bellezza del fiume si sposa con i casali agricoli sulla destra, cavalli ed asini sono di casa oltre agli aironi guardabuoi. Vi è anche un approdo per prendere l’Ecobattello, che dopo un tour didattico naturalistico geologico dal fiume ci potrebbe lasciare proprio davanti al Ecoturismo, dove abbiamo prenotato per tre notti, sede del nostro studio e centro di ispirazione per il nostro lavoro di oggi e domani. Non ci siamo informati tempestivamente e rimandiamo quindi la gita in Ecobattello a quando torneremo in tappa.

(passaggio delle sponde, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Arriviamo nell’antica zona del Porto, dove vi è anche una casupola per informazioni. Dopo una bella salita, breve e ripida, e una discesa, breve ma più dolce, siamo arrivati da Aurora, anima e cuore dell’Ecoturismo. Nel silenzio del posto approfittiamo l’uno per stendere idee scientifiche, l’altra, io, per scrivere sulla nostra esperienza sulla Regina Ciclarum, tradurre il primo post in inglese per il mio blog e montare il primo video di salita alle sorgenti del Tevere.

Che magnifico Ferragosto in riva al Tevere!

Porto  – Torrita Tiberina

Oggi si pedala e si vola su a godere del Tevere dall’alto e della ricchezza che per millenni ha donato a questi territori. Dopo una abbondante  colazione scegliamo la strada più dolce concludendo il sentiero Fiume, sorpassando i curiosi attrezzi ginnici e qualche opera di ceramica sbiadita. Superata l’enorme Sede della Riserva, riservata agli uffici amministrativi, sbocchiamo sulla strada statale che ad agosto, in mattinata tardi, ci porta sù quasi deserta, snodandosi come una serpe e girando intorno a Monte Piccolo, in direzione località di Santa Lucia.

Siamo affascinati dai paesaggi maestosi, squarci di vegetazione mediterranea, campi dorati lambiti dal nastro azzurro del Tevere, magnifiche distese di ulivi, roverelle, noci e querce. Poi appare il monte Soratte che, per posizione e forma, ha sempre stimolato l’immaginazione umana. Infatti, nonostante sia un rilievo modesto, il massiccio calcareo svetta nel dolce paesaggio della Valle del Tevere e quando si raggiunge Sant’Oreste, borgo arroccato su uno dei suoi declivi. Lo sguardo abbraccia un vasto e meraviglioso panorama. Qui, il tempio preromano divenne il tempio di Suranus Apollo, poi luogo di eremi, incluso quello di San Silvestro dove Costantino, si dice, mandò l’ambasciata per essere curato dalla lebbra.

Nella base orientale della montagna si trovano i meri, tre voragini di origine carsica di interesse speleologico. Il versante sud è stato scavato a partire dal 1937 con un sistema complesso di quattro chilometri di gallerie per alloggiare il comando supremo fascista in caso di necessità. La rete, riutilizzata dai Nazisti e in particolare dalle truppe del Feldmaresciallo Albert Kesselring, fu da questi, in ritirata, in parte distrutta. Tra gli anni sessanta e settanta, in piena guerra fredda, furono avviati degli adeguamenti come bunker antiatomico. In tempi recenti, un’associazione di volontari ha ripristinato diversi percorsi. Oggi purtroppo è chiuso, come del resto tutta la città. Il bar centrale ci chiude davanti: il proprietario deve raggiungere suo padre nel giorno del compleanno.  Una gelateria pasticceria offre solo gelati. C’è una rosticceria take away ma il mordi e fuggi non mi attrae proprio e finiamo in un piccolo bar, per una birra e per ammirare il superbo panorama.

Sulla via del ritorno decidiamo una capatina a Civitella di San Paolo, il cui antico borgo e castello paiono di superba bellezza. E varcato il ponte, l’imponente prima porta si rimane senza parole per il cortile interno pieno di reperti antichi marmorei e quindi con il secondo portale si entra nella piazza principale dove, nel palazzetto residenziale, ha sede il municipio e da dove, dalla parte opposta, si gode di un belvedere. Il castello medievale, detto abbaziale poiché l’intero borgo fu amministrato per secoli dall’Abbazia di San Paolo fuori le Mura, sorge su una torre di vedetta sul corso del Tevere che risale al X secolo ed è considerata una delle architetture militari meglio conservate della valle teverina. Non solo: il borgo antico, costituito per lo più di un sali e scendi di vicoletti, spesso a gradini, gode dei peculiari resti di ben tre cinta murarie. Insomma Civitella è una visione per gli occhi e per lo spirito. Decidiamo di concederci delle patatine in busta, unica cosa commestibile, nel bar di fronte per goderci la vista del Castello e il via vai locale.

Ripartiamo per Nazzano dove arriviamo fino al bar centrale, chiuso, e la fontanella del XIX che offre, oltre al rifornimento di acqua, una vista speciale sul Tevere. L’antico centro di Nazzano è organizzato a chiocciola con i suoi oscuri vicoli terminando nel fiabesco alto Castello, purtroppo in rovina, ma proprio per questo ha un fascino speciale, medievale o forse meglio: romantico. La società che l’aveva comprato, per fare un albergo diffuso, non se n’è curata e pare ora il comune abbia vinto la causa e lo avrà indietro. Nella Rocca vi è anche il Museo del Fiume; ci tornerò in autunno con il progetto Thybris River Experience, seguiremo le orme dell’affascinante ed appassionato direttore, e vi dirò di più.
Ripartiamo ringalluzziti per Torrita Tiberina. Solo un rumore dalla ruota posteriore, sempre più insistente, mi inquieta. La strada ci offre la vista della nuda e bianca pietra della montagna, calanchi dalla grande bellezza e panorami mozzafiato a picco giù, verso il Tevere. La città ci accoglie con un look più classico essendo passata di mano in mano, dalla famiglia dei Savelli, a quella degli Orsini, dai Massimo, ai Torlonia ed ospitando al suo centro un palazzo baronale. Il colore della città antica non è dato dalla pietra ma d’un intonachino color avorio molto elegante. Il ponte è conservato e varcata, con una leggera salita, la soglia del centro incastellato si arriva subito alla piazza davanti al Palazzo, prima albergo e ristorante, chiuso durante il covid, sta ora silenzioso in attesa del suo destino. Si prosegue fino alla chiesa di San Tommaso, una volta cappella del Castello, oggi principale chiesa del paese e da lì vi è una terrazza per una delle più belle viste della valle. Se invece si costeggiano le mura sulla sinistra dall’esterno dopo un brusco scendi e sali si arriva a Santa Maria Del Monte da cui è facile raggiungere il piccolo cimitero dove giace il grande statista e politico italiano, Aldo Moro che amava venire qua in vacanza. Da lì parte anche una short-cut giù a picco verso il fiume.
Torniamo verso la valle con la strada tortuosa e dolce per un ricco aperitivo dalle Ecofattorie Sabine che ci costringerà a tagliare sulla deliziosa cena tornati all’Ecoturismo. Ma la giornata non è finita qua: a Torrita c’è la festa di paese. Così con Aurora e la sua bimba andiamo a guardarci un pezzo di concerto revival. Scopriamo così, nel largo piazzale sotto le mura, un’opera dedicata dallo street artist Andrea Gandini alla cittadina: il giovane è noto nel contesto romano per scolpire la parte del tronco degli alberi abbandonata dopo il loro abbattimento, spesso ai margini delle strade. Il sindaco, così si presenta una donna molto cordiale, mi parla di un progetto più ampio di riqualificazione artistica di tutta la passeggiata a vista Tevere. Chissà se qualcuno di questi giovani artisti si ricorderà della misteriosa Bona Dea, dea innominabile, una specie di Grande Madre Natura, il cui santuario si trovava anche da queste parti e le cui vestigia mi pare spesso di intravvedere.

(salendo a Nazzano, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Giorno 12-13-14

I cigolii della bici non mi hanno fatto fare sogni tranquilli. Il peso della libreria accumulata nella tappe si fa sentire e temiamo il peggio. Partiamo di corsa quindi per raggiungere ad Orte Scalo l’ultimo treno di tutta la mattinata per tornare a Roma. Ad un certo punto la ruota posteriore si blocca e penso ecco ci siamo. Scopro lo sgancio rapido aperto e non riesco a capire come sia possibile, provo al volo a centrare la ruota, senza togliere i pesantissimi bagagli, e a ripartire. Funziona. Il sentiero del Fiume è ricco di ghiaina, sassi a tratti, anche un po’ di sabbia, ma arriviamo puntuali e possiamo fare scorta alla fontanella della stazione di Poggio Mirteto Scalo, che è freschissima.

Contatto subito Marco di Doctor Bike, per sapere se sono aperti e se mi possono aiutare. La risposta è tempestiva. Sono lì fino alle 18 e faranno del loro meglio nonostante tutti i rifornitori chiusi. Troviamo una Roma fantasma: zero traffico, principali attività e negozi chiusi e tantissimi turisti concentrati davanti alle attrazioni più famose. Alcune volte viene il dubbio la gente sia oramai cieca alla bellezza e talmente allergica alla fatica, che preferisce non vagare e perdersi nelle proprie fantasie, solleticate dalla meraviglia che sta intorno. Basterebbe alzare gli occhi, lasciare l’anima libera, almeno una volta ogni tanto.

Marco ci accoglie subito e lasciamo tutti i bagagli e le nostre due bici nella piccola officina, mentre la squadra di Doctor Bike capisce immediatamente che la situazione è grave: mozzo posteriore spaccato. Andiamo in perlustrazione dei dintorni mentre cercano di capire come aiutarci. E il miracolo lo compiono davvero con la loro generosità: una ruota posteriore nuova. Gli mancano solo due raggi, ma è la strada più semplice per togliermi dai guai. Dovrebbe essere facile recuperarli appena riaprono i fornitori il prossimo lunedì. Come ringraziarli? Immortaliamo il momento, timbro sul passaporto, foto e video di rito. Mi intimano non buttare la mia vecchia ruota, visto il valore.

Il giorno dopo io, visto il mozzo introvabile e i raggi particolari, ci provo a trovare dei sostituti: online, sui blog, nelle chat. Ovunque io abbia contatti e dove la mia esperienza mi guida con sicurezza. Costano più i singoli pezzi delle ruote intere (comunque un assetto diverso da quello originario). Addirittura, in molti casi,  bici intere con componenti simili vengono giusto il doppio. Per ora rinuncio e la ruota va in cantina, dove frugo e misuro tutti i raggi in mio possesso senza trovare la misura giusta.

Approfitto del tempo a casa per scrivere, recuperare foto, tradurre i post per il mio blog. E soprattutto studio la situazione delle ciclofficine della città. Sono molte quelle che risultano aperte su GoogleMap, ma al telefono, whatsapp o messaggi non risponde nessuno. Il giorno dopo decidiamo di provare con Decathlon, andiamo a quello storico ad Ostia. Con la scusa controllerei un paio di cose per il mio progetto Thybris River Experience in zona. Niente raggi, li fanno arrivare solo su ordinazione. Mi si accende una lampadina… Ostia è sul mare,  nonostante il caldo non va in vacanza, come invece il resto di Roma. Qua avevo contattato una realtà legata alle biciclette per il mio progetto. L’impressione positiva mi è rimasta e la voglia, la curiosità di visitare il posto anche. Nelle mie fantasie doveva essere una specie di polo di attrazione sociale, per una Ostia che chiede più spazi e vivibilità per i propri cittadini ed ospiti. Chiamo e sì, sono aperti. Così incontro Francesco nella sua bellissima Ciklofficina. Facciamo giusto in tempo a consegnargli la ruota prima della sua pausa pranzo e per le 16 ci chiama e abbiamo la ruota raggiata con due bellissimi raggi nuovi. Poi passa un musicista di lì che parla di un certo locale chiamato Clandestino che sta lì dietro. La mia fantasia corre. Ci presenta alcuni dei suoi pezzi restaurati da collezione. Che dire? Io ho il cuore debole per le bici di altri tempi. Foto di rito e la delusione dei giorni prima è solo un ricordo. Domani si riparte!

(lungomare di Ostia, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Alviano – Orte

Con l’ultimo treno disponibile in mattinata raggiungiamo Alviano scalo partendo da Roma Termini alle 8.50. Si parte dal binario 2est che è in fondo alla stazione centrale, per cui bisogna arrivare in anticipo. È il treno regionale che va a Firenze, sempre molto gettonato, soprattutto nel weekend, e preziosissimo per i ciclisti che possono raggiungere i piccoli borghi e cittadelle con le proprie bici solo grazie a questi collegamenti. I treni che vanno in Toscana sono generalmente più ospitali per le bici: questo verso Firenze ha sempre due comparti riservati per ben sei bici, ciascuno con la possibilità di sedersi accanto, per non perderle d’occhio. I posti non sono riservati e spesso ci si siede qualcuno contento dello spazio abbondante. Non solo troviamo spazio per le bici nel primo vagone, ma anche posto per sederci, di sabato una fortuna. Con le nostre due biciclette ci sono anche due gravel con backbacking (di due signori, impegnatissimi a parlare di noiosissime questioni tecniche) e una bella randonneur vintage di una ragazza con zainetto.

Arrivati ad Alviano Scalo decidiamo che la seconda colazione bisogna meritarsela e andiamo alla scoperta del borgo, su in alto. Decisione che ripaga con un bellissimo Municipio nel castello con scale monumentali che accolgono nel chiostro interno, dopo l’attento sguardo di una statua leonina. Il panorama anche è superbo: non manco di immortalarlo in direzione del nostro mitico Tevere. Troviamo anche un bel chioschetto di distribuzione acqua refrigerata e depurata a 5c al litro, per riempire tutte le nostre borracce termiche.

Nei giorni scorsi ci sono stati molti temporali tra nord e centro, anche a Roma, ma oggi è previsto sole con un aumento delle temperature di tre gradi. Percorriamo una bella strada bianca lungo il Tevere, la ferrovia e il confine regionale tra Umbria e Lazio. Superiamo le Terme di Ramici e, dopo i bei paesaggi offerti dalle proprietà agricole, arriviamo ad Attigliano. Ci dirigiamo subito all’Antico Granaio Poppi Gaudenzi, impazienti di portarci una buona pasta di farina biologica a casa e ovviamente il timbro per il passaporto. Ma complice l’orario di pranzo il posto è chiuso, così foto di rito e via come il vento.
Tanti i campi di girasoli e di frumento che costeggiano il nostro sentiero, che gioca scavalcando un paio di volte l’autostrada del sole. Siamo lungo il cammino di San Valentino che si inoltra nel bosco e poi sale ripidissimo. Mentre Riccardo rimane in sella, io risparmio energie mentali spingendo bici e bagagli. Siamo circondali da piante di alloro e l’aria ha una buona fragranza. Poi spiana e mi permette di risalire in sella per l’entrata in Penna in Teverina, dove al Bar Gecko otteniamo il primo timbro della giornata, sorseggiamo una birra e ascoltiamo le chiacchere locali. Una signora ha perso il suo setter inglese ieri sera. Purtroppo la targhetta si era staccata qualche giorno prima, e ora si informa se qualcuno ha visto la sua cagna di nome Luna. Intanto facciamo un giretto di esplorazione dell’antico borgo con le sue porte e una terrazza belvedere superba.

Lì, facciamo conoscenza con due locali e ci raccontano delle solfatare di Penna, della magica energia che emanano e del medium che una volta ci viveva. Si era documentato a riguardo il giornalista Puccio Corona che ne aveva parlato in un suo speciale su Penna in Teverina. Lo strano incontro merita una foto davanti al panorama mozzafiato. Dalle solfatare ci passa il Sentiero della Luce, che collega Assisi e Roma e viene fatto ogni anno dai pellegrini. Qua passa anche la Via Armerina. Costruita dagli Antichi Romani nel IV a.C., in questo tratto corre lungo il Rio Grande.
Noi voliamo via e visto che passiamo nelle zone dove la cagna è scomparsa, cerchiamo per un po’ Luna. Poi raggiungiamo l’Agriturismo e mollati i bagagli saliamo ad Orte per un aperitivo.

All’enoteca dell’Ortezzina ci accolgono con calore e assaggiamo due bianchi locali con un bel ed assortito tagliere. Il locale, sulla bellissima piazza centrale del paese, si prepara per la serata con concerto e menù a tema. La proprietaria è davvero simpatica e il suo amore per Orte, per una riqualificazione turistica del centro storico e per l’accoglienza, è travolgente. Con grande orgoglio  ci parla dei musicisti internazionali che vivono ad Orte. Anche se non conosce la ReginaCiclarum e il progetto del passaporto teverino, non esita un attimo nel regalarmi un bel e prezioso timbro.
Purtroppo la luce cala e dobbiamo tornare all’Agriturismo, così abbandoniamo il nostro stupendo posto nel cuore di Orte. Per fortuna all’Agriturismo del Gelsomino la cena è buonissima, quasi tutto prodotto da loro, compreso il Litigium, il vino rosso del 2017 dal colore rosso ambrato ed inebriante. Nel giardino si sta magnificamente e sono tutti gentilissimi. Peccato che la notizia si sia sparsa e il posto è pienissimo, così non abbiamo l’opportunità di chiacchierare e strappare un timbro ai nostri amati osti (la colazione non c’è, e domani mattina sono chiusi). Ci accontentiamo di una foto e dei nostri ricordi. Che giornata fantastica!

(avvicinandosi a Penna in Teverina, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Giorgia Cadinu
11:54 (12 minuti fa)
a me

Orte-Poggio Mirteto

Ci rimettiamo sui pedali in direzione della stazione ferroviaria per collezionare qualche timbro e fare colazione. Purtroppo il bar della stazione è chiuso la domenica, e anche la pizzeria Tin Tin, probabilmente in ferie. La sorpresa è “L’Angolo del Pane”: bar e pasticceria. Collezioniamo il timbro da un titolare sorridente che oltre alla nostra colazione, aveva appena consegnato ad una cliente due belle paste strapiene di panna, direttamente dal laboratorio.

Ci mettiamo di buona lena per raggiungere gli svincoli importanti, in prossimità dell’autostrada. Il traffico per fortuna è tranquillo, forse perché è agosto, mese tradizionale di ferie per gli Italiani, in particolare per le grandi città. Nei dintorni di Orte, nonostante la bellezza della natura e  la presenza di Fiumi e cammini, sentiamo la vicinanza di Roma e di questo particolare periodo di chiusure. Il secondo svincolo presenta più traffico per la presenza di telecamere, di operatori e un vigile in mezzo alla strada che crea ovvi rallentamenti. Questo in realtà ci aiuta ad imboccare la nostra strada secondaria, che nel giro di poco ci porta lungo il fiume Nera e  i campi coltivati dai colori vivaci. Attraversiamo il fiume e passiamo vicino alla centrale elettrica dell’Acea. Notiamo subito dei cartelli che promettono un ristoro per ciclisti, non è ancora l’ora di pranzo ma siamo incuriositi.

Passiamo sotto l’autostrada del Sole per poi seguirla con qualche divertente sali e scendi. Piccola deviazione di qualche metro per visitare la trattoria Biriche che ha curato i cartelli di promessa ristoro ai ciclisti. Non troviamo nessuno se non un paio di cani, che abbaiano più per avvertire della nostra presenza che per scacciarci. Le chiavi sono nella toppa ma nonostante il baccano non esce nessuno. Ci riavviamo per la nostra strada. Passiamo sotto la bellissima San Vito arroccata in alto e il paesaggio attorno a noi è mozzafiato. Costeggiamo una pista d’atterraggio e arriva anche un piccolo aeroplano che seguiamo affascinati nelle sue manovre.

Arriviamo alla stupenda area archeologica di Otricoli dai lavori ingegneristici imponenti e monumentali rovine di terme, teatro, anfiteatro e un gigantesco basamento sul modello di altri famosi santuari romani. I Musei Vaticani vantano i migliori reperti trovati qua, incluso un gigantesco mosaico colorato con tritoni, nereidi, centauri, battaglie, ghirlande di fiori, battaglie e una testa di medusa che è vero incanto.

Decidiamo di passare la pausa pranzo al bar Casottino che al suo fianco presenta prodotti locali d’eccellenza. Dopo aver trovato solo panini e focacce preconfezionate, ci spiegano che i locali vicini sono del Parco e non hanno nulla a che vedere con il bar. Ci rassegniamo al nostro pasto anonimo. Il timbro non lo trovano e il barman mi fa uno simpatico scarabocchio. Ci rimettiamo in marcia e un lungo ma tranquillo tratto dell’antica strada consolare Flaminia ci porta alla Agrigelateria Corsetti. Qua servono ricchi taglieri, yogurt, ricotte, stracciatelle e altre meraviglie all’aperto, all’ombra. Ci prendiamo un ottimo gelato, peccato la musica: il mix tra Baglioni e Mango è quasi più pestifero della focaccia, impacchettata nella plastica, mangiata prima. Come se non bastasse ammettono di non avere più alcun timbro senza neanche la creatività o l’empatia di creare un’alternativa.

Voliamo via sul Ponte Felice che ci ricorda del Papa Tosto che lo costruì a fine XVI secolo: una leggenda narra che addirittura lo costruì per impiccarci un barcaiolo. Da lì ci concediamo un punto della situazione con qualche foto del fiume Tevere. Arriviamo al bellissimo Castello di Andosilla o Borghetto. Si tratta di un castello su una rupe tufacea con tutte casupole dirute. La loro storia di centro nevralgico sulla Flaminia e sul Tevere inizia nel XII secolo e finisce con le truppe napoleoniche. Poi inizia quella moderna di poca cura ed amore per il nostro patrimonio, culminata negli anni cinquanta con il crollo dell’imponente torre. Anche qua tra l’affascinante insediamento a rischio di crollo e quello nuovo, in ferie, è tutto chiuso, così riprendiamo lungo la ferrovia la nostra strada.

Ci affianchiamo al Tevere per poi passare sotto la ferrovia. Attraversiamo il fiume Treja su un ponte privato, dove ora si passa agevolmente solo sulla sinistra, con un certo timore. Infatti qualche anno fa avevamo già fatto questo tratto e ci eravamo trovati davanti una serie di fucili puntati poiché c’era la caccia al cinghiale. Avevano chiuso tutti i sentieri e strade ufficiali, il nostro passaggio non era certo previsto e noi, interrogati, rimanemmo sul vago alle loro domande.

Superato il primo tratto arriviamo in una zona aperta con le pecore. Avevamo già incontrato allora dei cani pastori qua ma con calma era filato tutto liscio. Invece questa volta il numero e la tipologia degli esemplari è alquanto impressionante. Li vediamo eccitarsi e correre verso di noi numerosi. Scendiamo dalle bici e mettiamo le bici verso di loro e procediamo con calma. Purtroppo sono troppo eccitati, ne riesco a contare otto nella confusione ma anche le pecore vengono verso di noi e dentro il gregge ne emergono altri. Quello che però aumenta i timori non è il numero ma il loro atteggiamento e aspetto. Ce ne sono almeno quattro dall’aspetto terribilmente inquietante, paiono cani selezionati dal regista Kusturica per girare un film sulle lotte clandestine. Uno ci blocca già la strada e formiamo con le bici un triangolo. A quel punto noto un pastore con tanto di ombrellino, d’esotiche origini e pelle scura, che segue le pecore. Gli urlo, cercando di emanare una voce baritonale, agitando le mani per attirare la sua attenzione, di tenersi i cani. I cani fanno un balzo all’indietro spaventati dall’inaspettato. Lui bofonchia qualcosa, cerca di tranquillizzarci e poi di richiamarli con poco successo. Grazie allo spazio guadagnato e alla nuova insicurezza del branco riusciamo ad allontanarci a piedi, continuando il dialogo surreale (pareva essere la nostra unica arma di difesa) con quella lontana figura sotto l’ombrello. Appena non siamo più visibili risaliamo sulle bici.

(pontile a Filacciano, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Arriviamo velocemente alla bellissima ansa del Tevere chiamata fiasco per la sua peculiare forma. Là, i bellissimi borghi di Ponzano Romano, Filacciano e Torrita Tiberina dominano dall’alto. Nella valle si incontrano cavalli e aironi, oltre a tantissimi pescatori. A questi borghi e a quelli del territorio, alla loro storia e tessuto sociale dedicherò parte del mio progetto Thybris River Experience che inizierò questo settembre. Il sentiero si fa divertente con sali e scendi e panorami cangianti, ma siamo un po’ sderenati dall’avventura superata e purtroppo non ci godiamo a pieno la bellezza che ci circonda. Concludiamo con un aperitivo alle Ecofattorie Sabine, vicino alla Stazione di Poggio Mirteto, dove il treno ci riporta a Roma, al lavoro, in attesa del prossimo tempo libero per arrivare alla Foce del Tevere.

 

Giorgia

Hi, I’m Giorgia, your private guide in Rome. There are thousands of private tours that I can tailor for you, if you click on ” book a private tour “, you can already take a look at some basic suggestions and options.  I hope you like my website and suggestions about Rome. segue…

Thybris river experience

Thybris river experience è un progetto finanziato dalla Regione Lazio, che coinvolge Roma e dintorni, lungo l’antico fiume Tevere e molto tempo fa Thybris. Il progetto, infatti, promuove una serie di itinerari storico-culturali a piedi, in bicicletta o e-bike e in treno, ideati e gestiti da guide turistiche professioniste. Il progetto coinvolgendo i tre aspetti dell’Ecoturismo: economia, etica e ambiente vuole aiutare il bellissimo e mitico fiume a rigenerarsi. L’acqua è uno dei tesori che possediamo e noi vogliamo coinvolgere i viaggiatori internazionali per far crescere il più alto rispetto del fiume Tevere e del suo mondo fatato. segue…

Extra

8 tappe

> Per una visione di insieme delle 1+8 tappe della "Perduta Via dei 2 Mondi", da Rimini a Roma Fiumicino lungo i fiumi Marecchia e Tevere, consultare la pagina dedicata all'orientamento segue...

Passaporto Tevere

(timbrando il passaporto tiberino)

> Passaporto Tevere: il compagno ideale per scendere il fiume dalle sorgenti al mare, a terra e in acqua. Una credenziale sulla falsariga di quella di Santiago.
L'edizione Verde, per i ciclisti, può essere stampata in autonomia e fatta timbrare nelle uscite lungo il Tevere (che sia una giornata a Roma, un weekend fuori porta  o una vacanza intera da Rimini a Roma Fiumicino). L'edizione Blu, impermeabile, è destinata alle discese in acqua del Grande Circuito Tiberino.
Sperimentiamo insieme un Tevere vicino alle persone. Tutto orgogliosamente, ostinatamente, appassionatamente, gratuitamente dal basso. segue...



 

Storia della futura Regina Ciclovia

> La storia della futura Regina Ciclovia Tiberina, dalle sorgenti al mare a ritroso nel tempo, seguendo le esplorazioni anno dopo anno segue...

Qua la zampa

>Le Terre della Regina invocano la partecipazione di tutti noi. Condividi le tue visioni, seguici nelle giornate in calendario, aiutaci a portare avanti i progetti di recupero e diffusione della futura Regina Ciclovia Fluviale, il percorso verde lungo il Tevere (ma prima leggi le raccomandazioni a terra e in acqua).

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Giorgia e Riccardo pedalando lungo il Tevere
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